(DIRE) Roma, 29 mar. – “Le nuove Linee guida sull’Autismo sono ferme, ancora dopo molto tempo, all’Istituto superiore di sanità e credo che manchi un lungo tratto prima che vengano licenziate perché, a mio avviso, ci sono dei nodi concettuali e culturali che non sono ancora stati sciolti”. In vista della Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo, che si celebra ogni anno il 2 aprile, Paola Binetti, neuropsichiatra infantile e
senatrice dell’Udc, fa il punto sull’iter delle Linee guida in lavorazione presso l’Iss. Uno dei nodi concettuali ai quali fa riferimento la senatrice riguarda la forte connotazione delle precedenti Linee guida su “un approccio cognitivo-comportamentale che può avere dei vantaggi se inserito nei primi anni di vita dei bambini, ma mai in modo esclusivo perché, nella misura in cui fa leva sul comportamento, finisce a volte per trasformarsi in una sorta di condizionamento. Già allora- ricorda Binetti- noi sostenevamo un approccio di psicopedagogia dell’età evolutiva che è quanto di più prossimo c’è alla normalità di sviluppo di un bambino, per cui si fa leva sui comportamenti ma si lavora anche profondamente sulle sue motivazioni. Una sintesi di questi due approcci- ribadisce- credo non sia stata ancora sufficientemente elaborata all’interno del team che si occupa delle Linee guida e per questo credo che manchi ancora molto tempo. Ma- tiene a precisare- purché ci sia una qualità di attenzione e di lavoro accanto a
questi bambini e alle loro famiglie, meglio attendere ancora che avere delle Linee guida incomplete o che marcano in modo precettivo alcune cose, senza esaurire la visione a 360 gradi del bambino”. Guardando poi alla Giornata del 2 aprile, la neuropsichiatra infantile tiene a lanciare un messaggio che riguarda l’uso dei termini autismo o autismi. “Parlare di autismo- chiarisce- è molto riduttivo. Noi dobbiamo sempre parlare di autismi, un termine con cui abbracciamo sia il bambino che ha maggiori difficoltà, che da un punto di vista prognostico ci rendiamo
conto farà fatica a uscire da questa condizione o comunque ad adattarla al contesto, sia il soggetto con autismo ad alto funzionamento che diventerà adulto e sarà capace di seguire itinerari di successo professionale e affettivo, con un inserimento, un riconoscimento e una legittimazione sociali anche alti. Nell’arco di questo spettro troviamo persone che, attraverso un lavoro scientifico sempre più attento e preciso, sono in grado di identificare sempre più precocemente quegli indicatori che permettono di intervenire sul progetto riabilitativo del bambino autistico facilitandone il massimo dell’inserimento possibile sul piano sociale”. Questo tipo di approccio, tiene a ricordare
Binetti, “significa dare ai genitori elementi fondati di speranza educativa e riabilitativa, togliendo quello stigma che spesso ancora c’è quando una diagnosi precoce di autismo suona come una condanna. Questa diagnosi deve, invece, in qualche modo risuonare come un progetto certamente complesso e con le sue difficoltà, ma
possibile. Se faremo questo- afferma Binetti- diremo ai genitori che non sono soli e che questi progetti si possono fare, trasformando la loro attesa in una speranza piena di risorse e restituendo ai bambini quella dimensione di autostima che in certe fasi della loro vita non hanno. Noi abbiamo bisogno di intervenire a 360 gradi per mantenere alta una speranza professionalmente fondata”. Determinante, nei percorsi riabilitativi e di inserimento sociale dei bambini con disturbi dello spettro autistico, è il team multidisciplinare che, secondo la neuropsichiatra infantile,
“è essenziale. Tutto sta- sottolinea- a capire cosa esso significhi. Perché un bambino che rientra nello spettro autistico ha bisogno del neuropsichiatra infantile, dello psicologo, del gastroenterologo, può avere bisogno dell’osteopata e del logopedista. Tutte professionalità riconducibili agli orizzonti più di tipo medico assistenziale. Ma a queste figure si affiancano i docenti, i docenti di sostegno, gli istruttori che lo accompagnano nella terapia con gli animali o i maestri che lo assistono nei laboratori artistici. Con team multiprofessionale intendiamo tutta la gamma possibile di quelle proposte che sul piano educativo e dello sviluppo di capacità aiutano a identificare in questi ragazzi gli aspetti potenzialmente più ricchi di prospettiva e a rilanciarli”, conclude.
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