Ddl Zan: Binetti (Udc), via ambiguità su libertà pensiero e scelta

Ddl Zan: Binetti (Udc), via ambiguità su libertà pensiero e scelta

(9Colonne) Roma, 16 lug – “Nonostante il PD nella persona del suo ultimo leader si ostini a non voler modificare la legge Zan, sperando di poterla approvare così com’è, senza tenere assolutamente in conto né le argomentazioni di merito né quelle di strategia, proseguono i lavori concreti per emendarla in modo da conservare quanto di buono c’è: il No assoluto alla violenza, in particolare contro le persone LGBTQ+ e i disabili ed espungerne quanto invece c’è di ambiguo, confuso, scientificamente non documentato e soprattutto ad alto rischio per la libertà di pensiero, di opinione e di scelta”. Lo afferma la senatrice Paola Binetti, Udc. “Cosa accadrebbe se un genitore si opponesse al cambio di sesso di suo/a figlio/a minorenne, se ciò venisse stabilito dallo psicologo di una struttura pubblica: potrebbe essergli tolta la patria potestà, anche davanti al rischio che si tratti di una infatuazione o di una decisione non sufficientemente maturata? Analogamente cosa potrebbe capitare ad un genitore che si opponesse al medico di una struttura pubblica che decidesse di bloccare lo sviluppo dei caratteri sessuali del figlio o della figlia, già dalla fine della scuola primaria? Oltre ad essere privato della patria potestà potrebbe anche essere condannato ad alcuni anni di carcere per omo-transfobia? E se invece si trattasse di un insegnante, uno psicologo, uno psichiatra, o un educatore, un pedagogista, che consigliasse una prudente attesa, prima di decidere, ad un adolescente che sentisse attrazione per una persona del suo stesso sesso? Anche in questo caso sarebbe passibile di enuncia e relativa condanna”, “e se un genitore manifestasse il suo dissenso all’adozione di libri di testo per la scuola primaria caratterizzati dall’eliminazione intenzionale di ogni riferimento al maschile e al femminile o protestasse per la presenza nella biblioteca della classe di suo/a figlio/a di fiabe e racconti che narrino di piccoli allevati da due maschi o da due femmine, facendo nei fatti propaganda dell’utero in affitto, quali potrebbero essere le conseguenze per lui: forse denuncia e condanna, e discriminazioni concrete per il figlio? E se questo stesso genitore si opponesse all’eliminazione dei simboli maschili e femminili dai bagni delle scuole primarie e dell’infanzia o non accettasse di essere indicato come genitore 1 e genitore 2 nei documenti dei propri figli? Oppure, altra possibilità tutt’altro che remota, se i ricercatori dimostrassero che un certo tipo di informazione sessuale nelle scuole favorisce l’erotizzazione precoce dei bambini, oppure diffondessero i risultati di ricerche sui danni psicologici, a medio o lungo termine, che subisce un minore adottato da due persone dello stesso sesso? Come reagirebbero gli attuali sostenitori di teorie per cui basta l’amore e non serve l’esperienza della diversità, della mediazione, del confronto, per alimentare scelte libere e consapevoli?”. (P

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