Binetti. Dal Pakistan un doppio messaggio: c’è un fondamentalismo violento che si oppone alla libertà di religione e ci sono cristiani come Asia Bibi disposti a morire per la propria fede

Binetti. Dal Pakistan un doppio messaggio: c’è un fondamentalismo violento che si oppone alla libertà di religione e ci sono cristiani come Asia Bibi disposti a morire per la propria fede

“Molta strada deve essere ancora percorsa per la difesa dei diritti umani in Pakistan e in molti altri Paesi del Medio Oriente. L’assoluzione di Asia Bibi, ingiustamente in carcere da quasi 10 anni Asia Bibi è certamente un motivo di speranza, dal momento che lei rappresenta contestualmente la vittima e la testimone di una lunga battaglia per difendere un diritto fondamentale: vivere la propria fede con tutta la libertà necessaria. Asia Bibi è stata condannata per una colpa non commessa; accusata di blasfemia solo per aver difeso il diritto ad essere e a vivere da cristiana. Ma in Pakistan questo è ancora oggi un reato, per cui si può incorrere nella pena di morte. Una pena che si estende ai suoi familiari, a quanti la sostengono e a perfino i giudici e i suoi avvocati. Per assolverla quindi c’è voluto coraggio e in questo clima di odio e di violenza si capisce anche perchè ci sia voluto tanto tempo perchè ognuno dei suoi difensori decidesse di correre il rischio di dare testimonianza della verità. Ma il nostro tempo, come tutti i tempi, ha un bisogno enorme di verità e di giustizia; di solidarietà e di coraggio. Dal Pakistan oggi viene un doppio segnale di avvertimento: lì c’è chi condanna a morte per il reato di blasfemia; ma c’è anche chi è disposto a morire pur di non tradire la propria fede. Condanniamo il fondamentalismo, violento e senza scrupoli, ma siamo grati alla lezione di fede che asia ci ha dato in tutti questi anni.” Lo afferma la senatrice Poala Binetti, UDC, che continua: “Sono trascorsi 70 anni dalla Dichiarazione dei diritti universali dell’Uomo, in cui fin dal preambolo si sottolinea la stretta relazione tra il riconoscimento della dignità di tutti gli uomini, i loro diritti, uguali ed inalienabili, e la libertà, la giustizia e la pace nel mondo. Una Dichiarazione elaborata subito dopo la seconda guerra mondiale, quando era ancora viva la memoria di come il disprezzo dei diritti umani avesse portato ad atti di barbarie che ancora oggi offendono la coscienza dell’umanità. Proprio per questo auspicava l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godessero della libertà di parola e di credo, e metteva in evidenza la necessità che i diritti umani fossero protetti da norme giuridiche, per evitare che l’uomo fosse costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione. L’articolo 18 conserva ancora oggi una istanza che è ben lungi dall’essere realizzata: Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti. Ma in Pakistan e in molti altri Paesi questo non accade e obbliga le persone ad una migrazione verso altri luoghi umanamente più accoglienti e più rispettosi dei diritti umani. Di tutto ciò Asia Bibi è testimone essenziale, da proteggere e da ringraziare, per il coraggio personale e per la coerenza della sua fede. Ma, in un periodo in cui l’occidente soffre per una secolarizzazione che ha tolto vigore alla coerenza con cui viviamo la nostra fede, tutti noi siamo responsabili della difesa di questo punto particolare della Dichiarazione universale dei Diritti umani.”

Source: News UDC Italia

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