Autismo: Comunicazione con modalità artistiche

NEWS PSICOLOGIA. Autismo, Binetti: Comunicazione con modalità artistiche. Persone usano canali e binari che dobbiamo imparare a codificare (DIRE – Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 23 gen.
Autismo e arte, quando il talento supera la disabilità. Cosa significa?
“Tutti crediamo che una delle caratteristiche fondamentali dell’autismo sia la difficoltà della comunicazione, considerata come il sintomo guida di tutta quanta la diagnosi. Non è così”. Lo afferma Paola Binetti, intervistata dalla Dire in occasione del convegno che ha promosso a Montecitorio sul tema ‘Autismo: un futuro nell’arte’.
“Non è vero che un ragazzo o una ragazza con autismo abbiano difficoltà a comunicare, perché al contrario comunicano utilizzando dei canali e dei binari che noi dobbiamo imparare a codificare. La ricchezza della comunicazione del soggetto autistico arriva a sfruttare molto spesso le modalità tipicamente artistiche”.
Non solo l’arte come espressione pittorica. “A Pavia esistono movimenti interessantissimi che come arte utilizzano la musica- continua Binetti- ad esempio hanno creato la famosa orchestra invisibile”.
Paola Binetti sfata quindi il falso pregiudizio dell’incomunicabilità nell’autismo: “Non è vero che il soggetto autistico non voglia comunicare, lo fa a modo suo e nella sua lingua. A noi tocca la grandezza di capire cosa vuol dire e trovare le risposte ai suoi bisogni”.
Con questo convegno sta dando una risposta al Dopo di noi?
“La legge sul Dopo di noi è in linea di principio una buona legge, ma di fatto non trova ancora i propri canali applicativi adeguati ai bisogni delle persone. Certamente i genitori che hanno un figlio autistico soffrono pensando a quando non ci saranno più.
Comunque- continua Binetti- tra genitori e figli si stabiliscono sempre dei canali di comunicazione per cui si indovinano questi bisogni. Si riesce in qualche modo a cogliere quella tempesta emotiva che crea a volte l’ansia e la fatica nella comunicazione.
Per un padre o una madre pensare a cosa ne sarà del figlio quando non ci sarà più è veramente drammatico.
Riuscire a creare un’ondata positiva rispetto alle modalità alternative di comunicazione proprie di questi soggetti, e quindi riuscire a sfidare la nostra tendenza a rinchiuderci in noi stessi quando non capiamo cosa l’altro voglia dire è una risposta bella, importante e positiva- conclude- affinché i genitori sappiano che ci sarà sempre una grande ricchezza di persone che vorranno domani entrare in contatto con il loro figlio per rispondere ai suoi bisogni e cercare le modalità più adeguate senza lasciarlo mai solo”.
(Wel/ Dire) 08:07 23-01-18 NNNN

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