Autismo e arte, quando le parole non bastano

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Boccalon: Il mondo interno degli autistici custodisce potenziali creativi (DIRE – Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 16 gen.
‘Il linguaggio non verbale e’ un canale di comunicazione importante, per tutti e in tutte le eta’. Le parole sono pietre miliari dell’avventura umana e strumenti preziosi per la sua narrazione, ma talora sono una sponda lontana, incapace di dare immediatamente senso e pensabilita’ all’esperienza emotiva. Dalle grotte del Neolitico ai giorni nostri gli esseri umani utilizzano la produzione estetica come una struttura intermedia lungo la via del linguaggio, come un ponte che garantisce, comunque, la rappresentabilita’ del mondo, esterno e interno’. Lo afferma Roberto Boccalon, direttore dell’Istituto di Psicoterapia Espressiva e docente dell’Istituto Universitario Salesiano di Venezia, intervenendo al convegno ‘Autismo: un futuro nell’arte.
Quando il talento supera la disabilita”, promosso dall’onorevole Paola Binetti a Roma. ‘La prospettiva psicodinamica assegna alla parola un ruolo di portavoce della soggettivita’ e di agente di trasformazioni maturative, ma Sigmund Freud- precisa il professore- riconosce che l’artista, attraverso il prodotto estetico, riesce ad evocare le stesse reazioni affettive della realta’ e Carl G. Jung osserva che talora le mani sanno dare una forma a snodi dove l’intelletto si e’ affannato inutilmente.
Per Donald W. Winnicott la creativita’, piu’ di ogni altra cosa, fa si’ che l’individuo abbia l’impressione che la vita valga la pena di essere vissuta. Gli sviluppi delle neuroscienze e delle scienze cognitive non sono conflittuali con la prospettiva psicodinamica- chiarisce Boccalon- le evidenze sperimentali che hanno definito il profilo di una memoria procedurale, accanto a una memoria narrativa, hanno permesso di ridisegnare la geografia dell’Inconscio e di riconoscerne una porzione strutturale, non secondaria a meccanismi difensivi di rimozione, in cui sono impresse tracce protomentali non evocabili direttamente con la parola. La scoperta dei Neuroni Specchio, realizzata della scuola di Parma, guidata da Giacomo Rizzolatti e Vittorio Gallese, configura l’intersoggettivita’ umana come frutto di meccanismi di rispecchiamento che sostengono una comunicazione diretta, non linguistica, fra i cervelli. Abbiamo la possibilita’ di capire il senso di quello che l’altro fa attraverso una simulazione inconsapevole e incarnata.
Daniel Stern evidenzia infatti che l’identita’ personale, nel suo aspetto piu’ profondo e di per se’ indefinibile, si declina sotto forma di diversi canali cognitivi diffusamente ‘informati’ da un senso del se’ nucleare primordiale, pre-verbale e pre-riflessivo. Howard Gardner evidenzia la molteplicita’ di intelligenze di cui ogni persona potrebbe disporre nel suo inconsapevole comporre la melodia dei propri comportamenti. La costruzione della nostra identita’ personale- aggiunge lo psichiatra- poggia necessariamente su una struttura biologica, la rete neurale, su cui pero’ l’esperienza della relazione lascia una traccia che puo’ essere rimessa in gioco in vario modo consentendo al soggetto di partecipare al proprio divenire come François Ansermet ha ben spiegato nel libro ‘A ciascuno il suo cervello”.
L’antica sapienza greca riconosce allo sguardo, prima ancora che alla parola, una valenza di matrice dell’identita’ umana. Eraclito disse ‘Cercai di decifrare me stesso, ma la trama nascosta e’ piu’ forte di quella visibile’. Le persone con autismo, spettro estremamente vario di condizioni biologiche ed ambientali, ‘sono accomunate da una particolare difficolta’ nell’esplorazione di Se’ e del mondo esterno, perche’ ipersensibili e vulnerabili alle emozioni, come chi ha la pelle molto chiara lo e’ rispetto al sole. Fin da bambina Temple Grandin, nota Asperger con grande passione e competenza per gli animali e per la meccanica- continua Boccalon- avvertiva un gran bisogno di essere abbracciata e al tempo stesso ne aveva il terrore. Tale dicotomia, in varia misura presente in tutti gli esseri umani, assumeva in lei una forma cosi’ dolorosa che si costrui’ una macchina per gli abbracci, per avere un contenimento senza esporsi allo spaesamento della relazione.
I materiali artistici possono offrire l’opportunita’ di vivere una relazione, a suo modo oggettuale. Il processo creativo puo’ costituire un ‘work in regress’, nel senso di un processo psicodinamico di regressione, funzionale all’Io. Il rapporto con i materiali, con i prodotti estetici in cui si trasformano, con gli sguardi che li riconoscono e li valorizzano, aumenta l’autostima e puo’ offrire al soggetto, autistico e non, un’ alternativa possibile alla macchina degli abbracci’. La psichiatria e la psicoanalisi si sono ‘variamente occupate dell’arte, ma il loro sguardo ha rischiato, talora, di leggerla come reattivo diagnostico o tecnica terapeutica, invece di coglierne il profilo trasversale e concorrere allo sviluppo di un ambiente favorevole dove anche gli artisti outsider potessero esprimere il loro talento’. L’obiettivo del convegno romano e’ stato sia quello di ‘portare lo guardo dell’arte nel lavoro terapeutico e oltre, sia di vedere l’artista senza la lente deformata della malattia’. In Italia ci sono esperienze molto interessanti in tal senso.
‘Nell’Atelier Blu Cammello di Livorno, da piu’ di 20 anni, lavorano persone che hanno notevole talento artistico, accanto a notevoli difficolta’ sul piano psicologico. Riccardo Bargellini, artista e storico animatore dell’Atelier, riconosce il talento di ciascuno e ne facilita lo sviluppo creativo in un’interazione appassionata, costante e rispettosa. Tale esperienza di rispecchiamento promuove sia la produzione artistica, sia il sentirsi bene che nasce, prima di tutto, dall’esperienza del poter riconoscere a se stessi di aver fatto una cosa che ha senso anche per gli altri’. Emblematico il caso di Franco: ‘Da bambino, traumatizzato dai bombardamenti, fu ricoverato in manicomio dove rimase fino agli anni ’70. Chiuso in se stesso e incapace di parlare stracciava lenzuola e tutti i materiali che trovava annodandoli in modo strettissimo.
Il suo presumibile disturbo autistico- precisa Boccalon- confinato per tanti anni in un manicomio, rischiava di non trovare stimoli evolutivi anche al di fuori di esso, finche’ non incontro’ chi individuo’ in quel far nodi un’arte e comincio’ a proporgli una ricca varieta’ di materiali per potersi esprimere. Quel bambino che rompeva ogni cosa ora e’ un vecchio con i capelli bianchi, ha un’andatura un po’ goffa, non ha un vocabolario molto articolato ma e’ capace di interazioni empatiche e i suoi occhi azzurri sembrano sorridere. Ha trovato una strada per esprimere i nodi interiori che non aveva mai potuto comunicare attraverso le parole: l’arte ha messo in moto un processo evolutivo, e’ diventato un artista noto a livello internazionale’.
A Bologna la Cooperativa ‘Arte e Salute’ ha promosso un corso di teatro con le persone che afferiscono al dipartimento di Salute Mentale, individuando quelle dotate di talento artistico. Ha costituito poi due compagnie, una con un repertorio per ragazzi e una per adulti, aiutando i corsisti a trovare un’identita’, come attori professionisti, indipendentemente dalle vicissitudini del processo psicopatologico. ‘L’autismo non e’ una situazione statica e il soggetto autistico non ha bisogno solo di tecniche educative speciali. E’ sempre necessaria una relazione empatica che abbia una temperatura adatta, capace di contenere il timore di bruciature dolorose, attenta alla motivazione e al talento per mettere in moto un virtuoso processo evolutivo. Anne Alvarez delinea il profilo del terapeuta come compagno vivo, capace di sostenere pazientemente il processo evolutivo, secondo i talenti di ciascuno.
Anche il mondo interno delle persone autistiche custodisce potenziali creativi che hanno bisogno di essere rispecchiati da uno sguardo appassionato- sottolinea il direttore dell’Istituto di Psicoterapia Espressiva- attento, paziente e fiducioso per venire alla luce’. Silvano Arieti individua una possibilita’ evolutiva dell’esperienza psicotica attraverso l’emozione estetica:
‘Quando il dolore e’ cosi’ intenso da non aver piu’ accesso alla coscienza, quando i pensieri sono cosi’ dispersi da non essere piu’ comprensibili ai propri simili, quando i contatti piu’ vitali con il mondo sono recisi neppure allora lo spirito dell’uomo soccombe e il bisogno di creare puo’ persistere’. Roberta Buzzi, terapeuta e madre, testimonia una possibile ‘sintesi magica’ dell’esperienza autistica: ‘Gli occhi dei bambini con disturbo dello spettro autistico sono i piu’ belli che io abbia mai incrociato… spesso fugaci, ma sono gli unici occhi che se decidono di guardare, ti vedono davvero… guardare e riuscire a vedere, non e’ la stessa cosa e loro questo lo sanno … gli occhi di mio figlio… non smettero’ mai di cercare’.
Infine, Giovanni Bollea, pioniere della Neuropsichiatria Infantile, ‘raccomandava di far tesoro della ragione della madri. Confido che questo convegno romano possa accogliere diversi contributi teorici (neuroscienze, psicologia cognitiva, psicologia dinamica) e dar voce ai diversi attori sociali (terapeuti, educatori, famiglie, associazioni, artisti )- conclude Boccalon- affinche’ possano dialogare per promuovere una salutare creativita”.
(Wel/ Dire) 08:19 16-01-18 NNNN

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