COVID. BINETTI: INFORMARE SENZA SELEZIONARE PUÒ CONFONDERE

(DIRE) Roma, 12 gen. “C’è un sottile spostamento nella analisi dei dati che riguardano la pandemia. Il problema si sta spostando dalla analisi dei dati reali a quella dei dati comunicati. Il
problema oggi sembra più di natura comunicativa che sanitaria. Il focus si sta concentrando su tre domande diverse: cosa comunicare, a chi comunicare e quando comunicare i dati
selezionati. Finora i dati chiave sono stati di quattro tipi: quanti nuovi contagi, quanti pazienti ricoverati, quanti pazienti in terapia intensiva e quanti deceduti. Davanti alla forbice che
si è creata in questi giorni con il moltiplicarsi dei contagi, ma anche con la loro minor gravità, lo sconcerto popolare sembra cresciuto. C’è una notevole differenza tra chi parla di una
influenza come tutte le altre e chi invece rievoca gli effetti devastanti avuti dalla pandemia prima dei vaccini. A parità di dati ne cambia la interpretazione. E oggi dagli USA alla Spagna,
dall’Italia all’Inghilterra ci si chiede cosa sia meglio: martellate sui dati negativi per accelerare i processi di vaccinazione; oppure evidenziare gli elementi evolutivi in chiave
positiva con il rischio di ridurre la percezione del rischio e quindi la motivazione al vaccino”. Lo afferma la senatrice Paola BINETTI, Udc, che continua: “È un altro degli aspetti più
interessanti della democrazia 4.0. La dialettica tra trasparenza assoluta e prudenza; tra responsabilità nella informazione in chiave globale e riservatezza dei dati per gli addetti ai lavori.
Non è possibile che tutti sappiano tutto, non solo perché non si riuscirebbe, anche volendolo, a dire tutto a tutti: questione di tempi e di canali. E inoltre perché non tutti hanno gli strumenti
per interpretare correttamente tutti i fatti e i dati collegati. È un nuovo obiettivo della formazione per gli studenti di questa generazione in cui la infodemia, da qualcuno definita come una
sorta di obesità informativa: ingestibile ed indigeribile, può risultare assai meno chiara ed efficace al momento di prendere una decisione. Il paradosso è che invece di facilitare una sana
relazione tra informazione e relativo consenso, si scivoli in una moderna forma di disinformazione per eccesso di dati, senza che questi si possano tradurre in una più concreta e migliore
capacità decisionale”, conclude la centrista.

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