AD 2020: come il Covid sta cambiando l’Italia e gli italiani. 54° Rapporto Censis di Antonio Cisternino, Medico-Chirurgo Responsabile nazionale Sanità UDC

AD 2020: come il Covid sta cambiando l’Italia e gli italiani. 54° Rapporto Censis di Antonio Cisternino, Medico-Chirurgo Responsabile nazionale Sanità UDC

L’annuale «Rapporto sulla situazione sociale del Paese», redatto dal Censis  sin dal 1967, viene considerato il più qualificato e completo strumento di interpretazione della realtà italiana. Nell’anno della pandemia Covid 2020 (EMERGENZA SANITARIA) sono stato curioso di verificare i dati sulla condizione  socio-economica della nostra Italia. La sintesi  del 54°Rapporto  Censis (4 Dicembre 2020), è di seguito qui riportata: l’epidemia ha rimosso il velo sulle nostre vulnerabilità strutturali ed  ha vinto la logica «meglio sudditi che morti». Nelle categorie meno abbienti si è radicata la bonus economy. Molti i destini personali deviati e mai così profonda la divisione tra i garantiti e i non garantiti, che ora temono la disoccupazione. Soprattutto giovani e donne: per loro già persi quasi 500.000 posti di lavoro. Cosa resterà dopo lo stato d’eccezione? Solo il 13% è pronto al rischio d’impresa. Con le nuove inquietudini, rispuntano i favorevoli alla pena di morte: a sorpresa sono il 44% degli italiani. Guardarsi indietro e leggere il 53° Rapporto Censis del 2019 che sintetizzava una eccezionale trasformazione della nostra Italia nel suo ultimo decennio 2010-2019), ove la spesa pubblica per la sanità ammontava a 116 miliardi di euro x anno, sembriamo oggi un’Italia letteralmente ridotta in macerie .Vediamo più in dettaglio “La società italiana al 2020” nel 54° Rapporto Censis: l’Italia del 2020  nell’anno del Covid-19 è “una ruota quadrata che non gira” e per il 73,4% è spaventata, dolente, indecisa per paura dell’ignoto  ed il 77% ha visto modificarsi almeno una dimensione fondamentale della propria vita: salute ,lavoro, relazioni, tempo libero. Lo Stato, percepito come impreparato di fronte all’ondata dei contagi resta però il salvagente a cui aggrapparsi nel massimo pericolo. Il 57,8% degli italiani è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva. Il 38,5% è pronto a rinunciare ai propri diritti civili (limiti al diritto di sciopero, alla libertà di opinione, altro) per un maggiore benessere economico. Il 77,1% degli italiani chiede pene severissime per chi non indossa le mascherine, non rispetta il distanziamento o i divieti di assembramento. Il 76,9% è fermamente convinto che chi ha sbagliato nell’emergenza (politici, dirigenti della sanità o altri), deve pagare per gli errori commessi  per la diffusione del contagio. Il 56,6% vuole addirittura il carcere per i contagiati che non rispettandole regole di quarantena e di isolamento minacciano la salute degli altri. Altri dati li vedremo in seguito: ma merita soffermarsi sulla divisione sociale esistente tra i lavoratori  che è quella tra chi ha la sicurezza del posto di lavoro e del reddito e chi no. Esistono due Italie molto diverse: i garantiti (3,2 milioni di dipendenti pubblici a cui si aggiungono i pensionati) e i non garantiti. Il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese vive con la paura del licenziamento. Si teme un concreto  tsunami occupazionale. I più vulnerabili i dipendenti del settore privato a tempo determinato, tra i quali quasi 400.000 non hanno avuto il rinnovo del contratto nel secondo trimestre dell’anno a cui si uniscono gli Scomparsi (un universo) senza rumore: quelli dei lavoretti, del lavoro casuale, del lavoro in nero (che una stima fa ascendere a 5 milioni di persone),  gli imprenditori del lavoro autonomo (commercianti, artigiani, professionisti rimasti senza incassi e fatturati). Oggi pensiero comune è  che  lavoro protetto con reddito sicuro è la chiave per la salvezza. Solo il 13% rischierebbe per attività di impresa. Questi orientamenti sociali trovano riscontro negli indicatori economici: nel secondo trimestre il Pil è crollato del 18%, gli investimenti del 22,6%, i consumi delle famiglie del 19,1% e l’export del 33%. Il 66% degli italiani si tiene pronto a una nuova emergenza sanitaria adottando comportamenti di cautela  di come mettere i soldi da parte ed evitare di contrarre debiti(nel giugno 2020 la liquidità nel portafoglio finanziario degli italiani ha registrato un incremento di ben 41,6 miliardi di euro (+3,9% in termini reali). Terapie intensive: la situazione oggi appare più equilibrata  (al 15 maggio i posti letto erano passati da 8,7 x 100.000 abitanti della fase pre-Covid-19 a 15,3 della piena fase Covid)  relativamente alla soglia di emergenza fissata al 30% in diverse Regioni. Territorio: attivazione delle Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) per la presa in carico e il monitoraggio dei pazienti in isolamento domiciliare Il (Decreto del 9 marzo 2020). Il fabbisogno stimato di 1 USCA x 50.000 abitanti (circa 1.200 in totale x l’Italia), appare deficitario e diversificato tra le varie Regioni. Ma attivare un’USCA non significa prontamente garantire adeguato servizio di assistenza medica domiciliare. Infatti dove la funzionalità dei servizi di prevenzione e territoriali era già maggiore prima dell’emergenza, sono state migliori le performance per diagnosi di contagi e tamponi eseguiti. Questo è l’ambito di intervento che ha mostrato le maggiori difficoltà e che più di ogni altro richiede uno sforzo organizzativo tempestivo, perché su di esso si giocherà  la capacità di convivenza a lungo termine con il Covid-19. Ma, dopo anni di tagli alla spesa pubblica il Covid ha sdoganato un ingente Decreto “Rilancio” di maggio, ove il Governo ha destinato 3,2  miliardi di euro alla riorganizzazione della sanità pubblica, di cui circa 1,2 miliardi per l’assistenza territoriale e quasi 1,5 miliardi per il riordino della rete ospedaliera. E stiamo aspettando il Recovery Fund e l’auspicato MES. Internet (Superstar delle reti: che ha permesso di trasferire improvvisamente online buona parte della vita relazionale, formativa e lavorativa del Paese (43 milioni di utenti). Fin qui i dati del Censis. Nel leggere buona parte di questi dati, che fotografano la vera realtà della nostra Italia, esprimo le seguenti considerazioni: molte persone sono state contagiate dal SarsCovid19 ma quasi  tutti siamo stati contagiati dalla paura  che gli effetti del Covid stanno producendo. E la paura rende vulnerabile il cervello. Di Tutti. I governi devono fare azioni di forza con provvedimenti di contenimento contagio per la tutela delle genti ma anche la persona che li subisce cade in una paura profonda che porta ad  elaborare idee e comportamenti mai pensabili prima. Cosa voglio dire? È inquietante leggere che il 38,5% delle persone  è pronto a rinunciare ai propri diritti civili, libertà guadagnate con sudore e sangue  nei secoli, per un maggiore benessere economico (non vedo un aut-aut tra curare sempre meglio la pandemia e conservare i  diritti civili e democratici della Gente), che il 31,2% non vuole che vengano curati coloro che, con  comportamenti irregolari, abbiano  provocato a se stessi la malattia (sappiamo però che  il contagio può avvenire in modo molto subdolo), che Il 77,1% degli italiani chiede pene severissime per chi non indossa le mascherine, il 49,3% dei giovani vuole che gli anziani siano curati dopo di loro, il 43,7%  (44,7% tra i giovani) quasi la metà degli italiani, è favorevole  alla introduzione della pena di morte, insomma una escalation di incattivimento sociale, di violenza interiore che sta realmente trasformando la nostra società civile, buonista, solidale, altruista, tollerante. Non meno gravi appaiono, però, le censure governative atte ad indebolire una informazione politicamente corretta e garante  in primis della  Democrazia che andrebbe tutelata. Il plausibile  timore poi è che passata l’emergenza comportamenti umani incattiviti e censure governative restino. Auguri Italia.

Antonio Cisternino

Medico-Chirurgo Responsabile nazionale Sanità UDC

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